Ho appena finito un colloquio con un dipendente dell'Ufficio Inclusione dell'Università - ho la mia disabilità e l'ho presentata schiettamente al momento dell'immatricolazione. La conversazione è fluita più o meno tranquillamente, a parte picchi di angoscia da parte mia che non riuscivo a non sentirmi fuori luogo davanti a quegli occhi scuri, e a quel viso freddo, o così mi pareva di percepirlo.
L'Ufficio Inclusione, (come il dipendente stesso mi ha detto), ha a che fare con i più vasti e variegati casi di "disabilità": da chi è sordomuto a chi è sordocieco a chi è in carrozzina, ecc.
Ha a che fare anche con chi ha malattie psichiatriche ("mentali" disse lui usando un termine un po' forte; certo molto più forte del mio "(ho un) disturbo di personalità"), certo. Però, disse l'operatore, quelli sono i casi più difficili da trattare in facoltà. Perché lo studio richiede costanza; fatica; impegno. Ecc. E la mancanza di queste qualità - che io più tardi ho chiamato col nome che lui non ha voluto nominare: "stabilità" - significa scarsi, o nulli, risultati nello studio.
Allora glielo dissi: ho la mia non più giovanissima età, e mi sono iscritta più volte a diversi poli universitari, ma non sono mai riuscita a frequentare per via del mio disturbo. E lui - questo dettaglio mi ha ferita molto - ha annuito, forse per dimostrare partecipazione emotiva, ma - nella mia non serena psiche - è balenato per un attimo il pensiero (triste) che sapesse già da prima.
"Leggo da tanti anni", gli dissi. "So che l'università non è una "clinica del benessere", nonostante le abbia detto che una delle motivazioni per cui mi sono iscritta (la più importante) era trovare una motivazione (un "perché") alle mie giornate (alla mia vita). Ma ho solo pensato che indirizzare il mio amore per la conoscenza e la mia curiosità verso un obiettivo 'concreto' potesse giovare alla mia autostima e forse, aiutarmi ad affievolire il "disturbo"" (e invece era: smentisse il mio sentirmi una fallita eterna).
La conclusione della videoconferenza fu: proviamoci. Vedremo poi come va. E prenderemo le decisioni opportune al momento opportuno.
Ora devo recuperare qualche spicciolo e mettere una toppa al mio cuore.
La situazione è particolare ma sai cosa penso? Al di là dei benefici (ossia affievolire il disturbo e giovare all'autostima) conta il viaggio e quel che puoi imparare costantemente da questa esperienza culturale, al di là dell'obiettivo (che pure è giusto ci sia)
RispondiEliminaMoz-
Questa è un'ottima prospettiva.
EliminaGrazie.