mercoledì 19 novembre 2025

17. Carnevale

Maschere al Carnevale di Venezia. Fonte: wikipedia

Quando ero ragazza-ina (come si definisce una 17enne?) avevo "incontrato" in chat (mai dal vivo) un ragazzo della mia stessa regione a cui talvolta ripenso: "Chissà se... Mi avrebbe salvata da quella adolescenza solitaria e senza svago? Se sarebbe servito alla mia crescita personale?". Una volta sognai persino, pezzo-per-pezzo, in sequenza cronologicamente ordinatissima, tutto ciò che avevamo "vissuto" (pseudo-vissuto) insieme: prima le chat, poi le email, poi lo scambio di foto, ecc. (Sappiamo davvero poco del mondo onirico!)

Era un 23enne, dunque 6 anni più grande di me. Viveva dall'altra parte della regione. Ricordo il volto, ma non il nome (chissà perché succede sempre così...?)

Mi invitava a uscire con lui e con i suoi amici (mi sarebbero venuti a prendere...). Mi sbocciò in testa allora mia cugina e i suoi amici di una città vicina che si conobbero online, allo stesso modo. Loro la salvarono dalla mia medesima solitudine, traghettandola verso un'adolescenza di svago ed esperienze significative (minata sempre dai problemi, certo...). 
Ma francamente avevo paura fott*ta di andare con degli sconosciuti (non ho avuto lo stesso fegato della cugina... forse anche perché la distanza fra dove mi trovavo e dove si trovava il ragazzo, era assai maggiore) e respinsi. 

Col senno di poi fu una gran fortuna, perché il tizio si rivelò abbastanza insensibile nei miei confronti successivamente. Mi ricordo bene anche una cosa che mi scrisse al massimo della sua rabbia narcisistica: "Non sai fare nemmeno buon viso a cattivo gioco".

Era assolutamente vero ed è un problema che mi trascino fino ad oggi, in effetti... poi comincio a rimuginare: mi sono comportata in maniera incivile. Sono stata sgarbata oltre il necessario. Ho dato l'impressione d'essere aggressiva. Ecc. ecc.

Sostanzialmente, specie nella realtà virtuale (ma vale anche per il "reale") hai due scelte - essere un totale stronzo o essere un adepto di "Cortesie&Simpatie", garbato, gentile, affabile, cortese, forse persino "affettivo", e anche di fronte al peggior soggetto (per te) fingere, fingere cordialità e buona educazione almeno.

Troll e "persone per bene" calibrano la realtà in un enorme bacino di stress, e non ci sono mezzi termini: o appartieni al primo gruppo, o al secondo. E se anche appartenessi al secondo, l'aria che tira, trascina comunque tendenzialmente fuori lo stronzo (il troll) che è in te.

Non lasciare che il tuo "troll interiore" prenda il sopravvento su di te.

Non tanto per una questione di "facciata narcisistica", del preservare intatta quella maschera di totale e sibillina tranquillità di cuore che ti rende agli occhi di chi ti legge una "brava persona" e pertanto una persona approcciabile senza timore.

E' ovvio che un'aggressione dev'essere contestualizzata... come ogni altro fenomeno emotivo... contestualizzata rispetto al fatto che magari un giorno sia più stanca/nervosa del solito, che mi senta più insicura, più fragile emotivamente, predisposta a compiere azioni o scrivere cose sconsiderate e contro-logica... Perché ognuno ha i suoi problemi quotidiani, e questi avvelenano anche solo di un po' ogni nostra giornata, il nostro umore, il nostro comportamento. (I social in sé, ad esempio, io li considero "un problema quotidiano". Sono sicura che molti la penserebbero come me.)

E' più una questione de: devo stare bene. E per stare bene devo allenarmi a vedere il mondo così:

Come in un dipinto di David Hockney. A colori vivi. "Pulsanti".

Ho sentito dalla dott.ssa Silvana De Mari (complottista) un discorso che mi ha colpita, un tempo: anche i reclusi nei campi di concentramento, abituandosi a condizioni estremamente disumane, sembravano, dopo un po', prenderla con una certa filosofia.

"A tutto si abitua quel vigliacco che è l'uomo!" (Dostoevskij)

Prova ne è che spesso venissero accompagnati nelle camere a gas ("a far la doccia...") ridendo e scherzando fra loro, come se vivessero in un contesto normale, in cui valesse la pena ridere o sorridere o, come disse appunto la De Mari, "gioire del sole che filtrava fra le foglie, della rugiada del mattino sui fili d'erba".

Grazie al cielo non mi trovo ad Auschwitz, ma credo che lo stesso ottimismo - completamente delirante nel caso di quelle povere persone, fattibile nei miei panni - riuscirà a cambiare radicalmente la mia visione del mondo.

E forse, anche il mio mondo.

Senza bisogno di indossare maschere di finta-gioia, finto-amore. Sentendo davvero quella gioia e connessione con il mondo.

Nessun commento:

Posta un commento