Ero molto giovane, solo poco più che una bambina - 16 anni... forse 17? - quando sono finita nell'occhio del ciclone di un fenomeno di cyberbullismo e cyberharrassment (maltrattamenti virtuali, compresi di accessi non autorizzati ai miei account, fortunatamente - sembra - non doxxing), che dal virtuale ha inficiato anche la vita quotidiana. Che mi sia ammalata, proprio in quel periodo, è stato un terreno fertile perché gli stalker spuntassero come funghi anche nel paesino di campagna di contadini zoticoni in cui vivevo, li avevo direttamente uscita dalla porta di casa. Arrivavano al punto di negarmi una casa, un contratto di affitto, per puro e semplice odio misogino.
Nel 2020, pieno periodo covid, un balordo usò il mio numero per aggiungermi a un gruppo strano su Whatsapp in cui la gente delirava chissà cosa, mandandomi anche dei video che non ho nemmeno capito. Ho bloccato i gruppi e i numeri. Tolto il dente tolto il malanno? Uhm. Perché in realtà gli accessi non autorizzati da hacker e cracker (tutti uomini; qualcuno che identificavo via via sui social si "fingeva" donna) che rubavano i miei dati personali come password, indirizzi, numero di telefono, continuarono a lungo, e più mi rivolgevo a fantomatici "tecnici" per riparare le falle del mio PC, sia tecniche che di infiltrazione illegale di stalker, più in realtà, come donna, preda perfetta per la sua vulnerabilità in quanto psicologicamente segnata per di più, ero a rischio - non solo perché questi (scusate la volgarità) figli di una grandissima puttana rubavano i miei dati personali, ma anche perché il loro livello di lordura morale poteva spingersi fino al punto di inserire loro degli spyware (software spia) nel mio computer.
Questo lo verificò un amico (al tempo) anch'egli tecnico informatico, che diede un'occhiata al mio PC gratuitamente. Il tecnico che mi aveva "controllato" il PC l'ultima volta era di una località vicina e aveva chiesto 200 euro (sì) per un controllo del sistema, assicurandomi con quel fare pomposo e istrionico che solo le menti più di basso fondo, ignoranti e perverse, sanno sfoggiare, che "Adesso è tutto a posto, il PC è completamente ripulito". Mentalità mafiosa. Da denuncia penale, ma non lo denunciò nessuno perché la filosofia a casa mia è sempre stata "Lascia correre, fa finta di nulla".
E' da allora che non mi rivolgo più a nessuno del settore. Se il mio computer dovesse smettere di funzionare, puntatina in discarica e addio per sempre.
La cyberfobia (paura di Internet e dei dispositivi elettronici) ha radici molto antiche nella mia psiche, e questi poveri, maladattati stronzi da 104 hanno gettato benzina sul fuoco del mio malessere, chiaramente costituendo una "rete" di pettegolezzi, molestie e maldicenze che si estese ben oltre il quartierino, nella vita reale.
Per fortuna sembra abbiano col tempo mollato l'osso e si siano dedicati interamente ad altro di più stimolante - tipo i porno o i videogames, o le droghe, o la masturbazione compulsiva, o il forum degli Incel, o non so - e non voglio sapere - cos'altro.
Provo fatica ad accendere il PC - continuo saltuariamente a guardare il telefono, ma mi distanzio anche da esso -, perché non è stato esattamente piacevole crescere in queste condizioni. Per forza di cose ho sviluppato un DPTS, poi fattosi Cronico con esperienze ugualmente pessime con medici disumani (ricordiamo che anche Mengele, ai suoi tempi, era un medico), bulli e persone da schifo anche nel "reale" - non implicate nel cyberstalking e nel cyberbullismo.
"Voi della sanità pubblica siete la feccia della feccia", mi lasciai scappare sibillina una volta, chiaramente scatenando ulteriore furia, odio e menzogne denigratorie nell'ambiente. Qui lo scrivo e qui non lo nego.
In tutti questi anni mi sono salvata leggendo. Fra le vittime di abuso continuativo è uno schema di coping molto comune, l'iper-razionalizzazione - cioè a dire: vuoi comprendere il perché del male, più che disprezzarlo. E' così che, rimestando nella mente concetti come "stigma", "capro espiatorio", "schadenfreude", "molestie morali", "misoginia", "violenza di genere", e "linguaggio del corpo", ho tirato avanti in un mondo simile a una sconfinata formula matematica, un enigma da risolvere, un'equazione che non sarei mai riuscita a svolgere: perché mi tormentano, se è tutto vero o immaginario, perché io non riesco a rialzarmi e perché anche chi dovrebbe aiutarmi (dottore, mi dai la medicina magica?) finisce per violentarmi e farmi del male.
Avrei dovuto diventare misantropica, o misandrica? Ma non è nella mia natura - ingenua, infantile, forse davvero "sciocca"; o semplicemente i miei occhi non vogliono vedere il male della mia vita perché c'è il rischio mi sommerga, mi risucchi, come un grande buco nero.
Quando il dolore è veramente troppo, non lo senti più; anestetizzarsi non provando più nessuna emozione - né dolore né gioia - (anedonia) è l'unica soluzione e in fondo, per me, va bene così. Meglio, molto meglio, di prima. Augurerei questa anestesia totale del cuore a tutte le persone che stanno male, almeno per il tempo necessario a veder davanti a sé la "realtà" e non un quadro di cartone. (Perché guardando il cielo, le strade, le auto, gli alberi, il fiume, tutto sembra, ai miei occhi, plastificato, mummificato, artificiale...)

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